lunedì 21 gennaio 2008

Più custodisci qualcosa più rischi di danneggiarla.



Aramaki ha ragione. Più custodisci qualcosa più rischi di danneggiarla.

Mi sento di sostenere l'affermazione del comandante della nona sezione, e tanto più in quanto è evidente in tutte le manifestazioni del nostro essere dentro il digitale.
Cosa meno ovvia per il legislatore, soprattutto di casa nostra.

Se i principi su cui si basava il diritto d'autore erano entrati in crisi già da un pezzo con lo sviluppo della convergenza digitale, a sua volta anche il principio di identità e la sua riduzione a animula vagula blandula, una specie di ghost ridotto nei minimi termini di "dati sensibili", segue il medesimo destino.

Non sono il solo a rivendicare il diritto all'editing dei miei dati: è sempre più evidente che nel futuro sarà una tematica fondamentale.
Business Week addirittura prevede che l'identità rimpiazzerà l'esperienza, come strategia di marketing, of course, ma è specchio di una società che trova obsoleta la protezione della privacy negli ambienti a tecnologia evoluta, e a dircelo è l'autorevole Forbes. Sottoscrivo.

L'obsolescenza dell'unicità dell'esperienza individuale è una questione contestata da secoli, ma forse è venuto il momento che avere un'esperienza del sè molteplice non sia più relegata nell'ambito dell'arte o alla pazzia, ma al nostro prossimo quotidiano.

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